
Un romanzo bellissimo. A chi, come me, ignorava - leggendolo - che fosse il seguito di una storia raccontata molti anni fa dalla Petri, il libro è sembrato magico. Diverso da quello che questa bravissima scrittrice, un po’ romana (credo tutta) e un po’ portoghese, ci ha abituati a leggere. Una storia che inizialmente appare come una bellissima storia d’amore, e poi - come la vita insegna a tutti - viene tinta dal nero di lutti e disgrazie. Ma che alla fine, risolve i conflitti.
L’immagine di copertina, con la foto di una bambina che ricorda la protagonista, quando, presa dai suoi pensieri, richiama la sua infanzia, ci mostra una bambina che è già la donna della nostra storia. “Tutta la vita” è infatti la storia di una donna umbra, Alcina, che vive in campagna, nell’attesa di una lettera che le dovrebbe arrivare nientemeno che dall’Argentina, e che lei spera di ricevere. E’ dell’uomo di cui si è innamorata, uno del suo paese, le Case Venie, in Umbria, vicino Città della Pieve, uno che ha un nome strano come il suo, Spalterio.
La storia di Alcina, e poi di lei e Spalterio, per non dire degli altri personaggi, si apre con un cane che la donna trova, e che trattiene con se. Un cane cui dà un nome anche questo strano, Vinciguerra, e che le ricorda un cane della sua infanzia, ormai scomparso e anche lui dotato di un nome non comune. Ma - come al solito - vorrei evitare di continuare a raccontare la storia del libro, e invece parlarne da lettore. Lettore affezionato di un’autrice che ho finito davvero per amare: con la sua scrittura, la Petri trasporta i lettori in vari mondi, da quello interiore a quelli dove i suoi personaggi vivono e crescono. E questo suo narrare, passando dall’intimo all’osservabile, è stupendo: chi legge non si accorge delle differenze ed è immedesimato nella realtà dei personaggi. Credo che questo sia un dono della scrittura di Romana Petri.
Altro carattere di questo libro - ovviamente sottinteso dal titolo - è l’arco della vita della protagonista. L’inizio, ripeto, non fa capire che la storia aveva un passato “letterario”: solo nei ricordi, nei pensieri di Alcina si può intravedere che è già una donna adulta. Una donna forte, se riesce ad accollarsi i lavori che la vita in campagna le impone, e che poi ritrova quando finalmente raggiunge, con il suo cane, l’uomo della sua vita, andato così lontano e che lei spera non l’abbia abbandonata. Così, quando la lettera arriva, e fa capire che Spalterio la sta aspettando, Alcina si sobbarca, con il suo cane il viaggio in nave per una terra tanto lontana. E la vita che l’aspetta non è dissimile da quella che lascia, con la differenza che la sua vita di donna - quella di cui parla il titolo - comincia proprio in Argentina.
Ancora nella scrittura di Romana Petri è la capacità di tradurre in parole le immagini che fa vivere al lettore, capacità che consente tanto facilmente di immedesimarsi in queste immagini. Leggere questo libro diventa sempre più facile, man mano che si va avanti, e la storia dei protagonisti continua fino all’ultimo a prendere il lettore completamente. Le vicende, man mano che si prosegue, passano da quelle dei protagonisti alle vicende in cui è stata coinvolta quella nazione sudamericana, e che sono diventate famose in Italia con il termine che vi è stato legato: i “desaparecidos”. Questo libro ci porta anche dentro quella realtà, comparsa per altre vie nei romanzi della scrittrice cilena Isabel Allende, in particolare “D’amore e ombra”. Ed anche questo tratto è bellissimo, perché ci prende d’improvviso, facendoci passare da vicende più o meno belle al tragico spinto, con una sorpresa che a me lettore ha dato una scossa via via crescente e sempre più intensa, ma mai tale da dover interrompere la lettura. Anche in questo aspetto tragico, la curiosità di chi legge è stimolata a proseguire, non a chiudere il libro e rimandarne il seguito.
Insomma, la caratteristica sottintesa (e più volte citata sopra) dal titolo è perfettamente realizzata nell’intero romanzo, che ci fa vedere Alcina in molte età, fino all’ultima, che non è certo tratteggiata come tale, ma è già avanzata rispetto alle precedenti. E proprio in questa età matura, ricordi e riflessioni sul passato tornano nella mente di Alcina e il lettore può farle proprie in questa continua immedesimazione. Il ritrovarsi come trent’anni prima nella propria casa, assieme al suo compagno e a sua figlia, ce la presenta - a noi che leggiamo - come appariva nel primo capitolo, ma in una veste più adulta, appunto, più anziana. Penso proprio che questo romanzo sia forse il più completo che la Petri ha scritto, e il più bello da leggere per chi la conosce e la apprezza.
(Lavinio Ricciardi)
Romana Petri, Tutta la vita, Tea, 2013 [ * ]
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