Questo libro, di cui sto per parlare, è la sua opera prima, e risale al 1984. All’inizio c’è una dedica che recita: "
Come hai fatto ad andare in rovina?" "
In due modi: gradatamente prima, e poi di colpo" .
Il libro racconta le vicende di un singolo protagonista, e a mio avviso appare autobiografico, a differenza dell’altro, che racconta la vita di famiglie diverse. E – sempre a mio avviso – è il ritratto di un cittadino americano medio (newyorkese) e della sua vita quotidiana. Il protagonista, che parla in prima persona (da qui il sospetto che le vicende narrate siano autobiografiche), lavora come giornalista in una rivista ed è letteralmente “tampinato” dal suo capo, una donna con caratteristiche di zitella, acida ed estremamente rigorosa nelle pretese.
Sono messe molto ben in evidenza le abitudini del protagonista, il quale è sempre piuttosto stanco durante le sue attività lavorative, visto che poi, la sera indulge volentieri, assieme ad un inseparabile amico, a passare serate nei night club in compagnia di ragazze. Le peripezie quotidiane del protagonista sono messe in evidenza con mille pretesti: ma, soprattutto, compare dappertutto la necessità di “tirare” cocaina, da parte del protagonista. Anche questa “abitudine” (sic) appare come usuale, e il protagonista se la procura in mille modi pur di poterne usare. La droga appare come se fosse il caffè per noi, cioè qualcosa che è entrato nella routine quotidiana delle persone.
Quello che però, a mio avviso, attira di più, nel leggere questo libro, è la descrizione del “vivere” newyorkese, che – nonostante “datato” di circa trent’anni – risulta credibilmente attuale. La lettura risulta sempre scorrevole e avvincente; lo stesso carattere si riscontra nel film che ne è stato tratto, con lo stesso titolo, dal regista Michael Fox.
Altra nota, che appare qua e là è proprio la descrizione di siti cittadini. Strade e locali sono reali, consentono ai conoscitori della città (di Manhattan in particolare) di ritrovarvisi. Così si apprendono cose che riguardano alcune zone di Manhattan (Upper e Lower East Side). Gli stessi titoli dei capitoli sono rappresentativi di molte situazioni esistenziali e di realtà tipiche cittadine.
Non voglio entrare troppo in dettagli, che ne sciuperebbero la lettura. Voglio sottolineare il finale, che non rivelo, e che – a mio avviso – è bellissimo. Credo che – comunque la si pensi riguardo la “grande mela” – il libro sia delizioso da leggere.
(Lavinio Ricciardi)
Jay McInerney, Le mille luci di New York, Bompiani, 2016 [ * ]