Un libro delizioso, quello di Alexandra, mia amica da una vita. È il suo settimo libro, trascurando un racconto pubblicato in una antologia nel 2007. Da una persona che ha scritto “Progettare una fiaba” (Ed. Aletti, 2004) ci si può aspettare che si dimentichi della fantasia? Non è possibile!
Il libro, scritto in terza persona, racconta la storia di un gruppo di ragazzi che – sotto la guida di una bravissima insegnante - cercano di imparare a fare teatro. Sono adolescenti, apprendiamo subito. E pieni di allegria, brio e… perché no… verve.
Il libro è diviso in due parti, la prima (“La compagnia”) di otto capitoli, la seconda (“Il concorso”) di dodici. Segue un breve ringraziamento, per un suggerimento che si rivela provvidenziale. Come è ovvio dai titoli delle parti, la prima presenta i protagonisti e le loro peculiarità; la seconda – invece – è a mio avviso la storia vera e propria.
Nella prima parte, come ho accennato, vengono descritti i componenti della “Compagnia”, ciascuno con le sue peculiarità: Adelaide, il cui tocco cambiava il colore delle cose; Marco, il ragazzino che – per imparare i copioni – li faceva a pezzi e li ingoiava; Liù – il cinese – che, a causa di un incidente, era costretto a vivere su una sedia a rotelle; Miriam, segretamente – ma non tanto – innamorata di Liù, che lo porta a scuola di teatro con lei; Djamila, che non sopportava le scarpe. Liù, parlando con Miriam, le racconta di una novità: sta provando, con alcuni specialisti, una strana struttura – chiamata esoscheletro – che potrà riportarlo a stare in piedi.
Nella seconda parte – invece – abbiamo a che fare con un nuovo personaggio, anziano (e, naturalmente, saggio): il poeta Albino. Questo poeta, che – quotidianamente – creava un monologo con cui comunicava con un suo pubblico, un giorno decide, essendo venuto a conoscenza che esistevano nel paese un certo numero di gruppi che si esercitavano nel genere teatrale, di indire un concorso per trovare la compagnia di attori che risultasse la migliore.
La compagnia, quando viene a conoscenza del concorso, d’accordo con la propria insegnante decide di parteciparvi. E lo spettacolo che presenterà si intitola: “Storia di noi”, che – ovviamente – permette a ciascuno di presentarsi in modo autonomo. Infatti, il bando dice che le compagnie dovranno presentarsi in modo autonomo.
Non entro nei dettagli, ne ho già svelati troppi, ma bisogna pur parlare del contenuto di un libro. Perché mai dovrebbe essere, un libro con questo contenuto, tanto eccezionale? Due motivi: il primo, l’originalità della storia, storia un di un gruppo di ragazzi che impara a fare teatro; il secondo, le trovate anch’esse originalissime, con cui la compagnia fa fronte a tutto ciò che deve svolgere, dall’allestimento alla recitazione, fino al concorso.
La scrittura dell’autrice è fluida, scorrevole, e accattivante. Il libro costituisce l’ennesimo tentativo – molto ben riuscito – di dar vita ad una iniziativa di giovani che tende al successo. Il libro si legge estremamente volentieri, e lo consiglio a tutti (lettori giovani e meno giovani… o canuti come me!). Mi darete – lettori – atto della bontà dell’opera e della sua forte propensione al successo.