Pasolini, come passando per caso, avvicina il microfono ai gruppi che passeggiano e impigriscono: senza rivolgersi a un interlocutore preciso fa una domanda sull'amore, su quel terreno incerto in cui si incrociano il sesso, la coppia, il piacere, la famiglia, il fidanzamento con i suoi costumi, la prostituzione con le sue tariffe. Qualcuno si decide, risponde un po' esitante, acquista fiducia, parla per gli altri; si avvicinano, approvano o mugugnano, le braccia sulle spalle dei compagni, guancia contro guancia: risate, tenerezze, un'eccitazione febbrile ben presto si insinuano e penetrano i corpi che si ammucchiano e si sfiorano. Corpi che parlano di loro stessi con tanto più ritegno e distacco quanto più vivo e caldo è il loro contatto: gli adulti parlano sovrapponendosi e discorrono, i giovani dicono poche parole e si abbracciano. Pasolini intervistatore si ritira, discreto: Pasolini regista guarda.
Non si può apprezzare il documento se ci si interessa di più al detto rispetto al mistero del non detto. Dopo il regno così lungo di ciò che viene definita frettolosamente morale cristiana, ci si poteva aspettare che nell´Italia di quei primi anni sessanta ci fosse un fermento sulla questione sessuale. Niente affatto. Ostinatamente, le risposte sono date in termini giuridici: pro o contro il divorzio, pro o contro il ruolo preminente del marito, pro o contro l´obbligo della verginità per le ragazze, pro o contro la condanna degli omosessuali. Come se la società italiana dell´epoca, tra i segreti della confessione e le prescrizioni della legge, non avesse ancora trovato voce per raccontare pubblicamente il sesso, oggi diffusa dai nostri media.
«Non parlano del sesso? E' perchè hanno paura di farlo», spiega banalmente lo psicanalista Musatti, interrogato di tanto in tanto da Pasolini sull'inchiesta in corso, così come Moravia. Ma è chiaro che Pasolini non ci crede affatto. Credo che ciò che attraversi il film non è lo spettro del sesso, ma una specie di storica apprensione, di esitazione premonitrice e confusa di fronte a un regime che allora stava nascendo in Italia: quello della tolleranza. È qui che si evidenziano le scissioni, in questa folla che tuttavia si trova d´accordo a parlare del diritto, quando viene interrogata sull´amore. Scissione tra uomini e donne, contadini e cittadini, ricchi e poveri? Sì, certo, ma soprattutto quelle tra i giovani e gli altri. Questi ultimi temono un regime in grado di sconvolgere tutti gli adattamenti, dolorosi e sottili, che avevano assicurato l´ecosistema del sesso (con il divieto del divorzio che impegna in modo disuguale l´uomo e la donna, con la casa chiusa che assolve ad una funzione complementare della famiglia, con il prezzo della verginità e il costo del matrimonio). I giovani affrontano questo cambiamento in modo molto diverso: non con grida di gioia, ma con gravità e diffidenza, perché sanno che esso è legato a trasformazioni economiche che rischiano di rinnovare le diseguaglianze dell´età, della ricchezza e delle condizioni sociali. In fondo, i mattini grigi della tolleranza non incantano nessuno, e nessuno ne deduce un tripudio per il sesso. Con rassegnazione o furore, i vecchi si chiedono inquieti: che fine farà il diritto? E i giovani, con ostinazione, rispondono: che fine faranno i diritti, i nostri diritti?
Il film, girato quindici anni fa, può servire da punto di riferimento. Un anno dopo Mamma Roma, Pasolini continua su ciò che diventerà, nei suoi film, la grande saga dei giovani. Di quei giovani nei quali non vedeva affatto degli adolescenti da consegnare a psicologi, ma la forma attuale di quella "gioventù" che le nostre società, dopo il Medioevo, dopo Roma e la Grecia, non hanno mai saputo integrare, che hanno sempre avuto in sospetto o hanno rifiutato, che non sono mai riuscite a sottomettere, se non facendola morire in guerra di tanto in tanto.
E poi il 1963 era il momento in cui l´Italia era entrata da poco e rumorosamente in quel processo di espansione-consumo-tolleranza di cui Pasolini doveva redigere il bilancio, dieci anni dopo, nei suoi Scritti corsari. La violenza del libro dà una risposta all´inquietudine del film.
Il 1963 era anche il momento in cui aveva inizio un po´ ovunque in Europa e negli Stati Uniti quella messa in questione delle forme molteplici del potere, che le persone sagge ci dicono essere "alla moda". E sia pure! Quella "moda" rischia di rimanere in voga ancora per un po´ di tempo, come accade in questi giorni a Bologna.
(Michel Foucault, apparso su “Le Monde” del 23