Quando leggiamo un libro lo facciamo portandoci dietro le esperienze e gli interessi maturati nella nostra vita. A me interessa il convento come luogo di collegialità e di pensieri celati, luogo di obbedienza ma anche di profonda e arcana libertà. Ho un’amica che ha fatto la scelta della clausura e molte persone che la conoscono, me compresa, hanno fatto molta fatica a capire perché lei abbia voluto chiudersi dietro una grata…(pare, oggi più che mai, “un atto di crudeltà verso se stessi”). Tuttavia serve sempre mettersi nei panni degli altri e manca nella società contemporanea un’educazione al confronto fra idee diverse, così come manca il rispetto di culture diverse. Dacia Maraini in questo libro ha costruito un apprezzabile confronto fra una prospettiva laica e una profondamente religiosa, mettendole a confronto. Per farlo ha escogitato uno scambio epistolare fra lei e Chiara Mandalà, una studentessa siciliana che le chiede un aiuto “per vedere meglio in se stessa attraverso un insolito percorso”. La ragazza desidera che la scrittrice l’accompagni attraverso la conoscenza della vita e della personalità di Chiara di Assisi, della quale porta il nome, poiché è nata lo stesso giorno in cui si festeggia la Santa, l’11 agosto, anniversario della morte: “Vorrei” chiede “ che Lei scrivesse qualcosa sulla Chiara di quell’epoca per farmi capire qualcosa della Chiara di oggi”. L’autrice all’inizio rifiuta, non le interessano problemi inerenti alla mistica medioevale ma in seguito non può fare a meno di farsi coinvolgere. La ragazza, pur confessando le proprie insicurezze, mostra una notevole capacità di autoanalisi, non comune alla sua età, e un temperamento fermo, tale da indurre la “laica” interlocutrice, ad interessarsi al Medio Evo, un periodo storico cui, fino allora, non aveva prestato particolare attenzione (“un’epoca lontanissima, eppure più vicina di quanto non crediamo”) per poi concentrarsi proprio sulla figura della Santa, leggendo diversi volumi su di lei ed approfondendo tematiche connesse. Dunque Chiara di oggi, con un linguaggio coinvolgente, quasi parlato, tipico dello stile epistolare, chiede all’autrice d’interessarsi di Chiara di Assisi, nata nel lontano 1193. Dacia Maraini scopre che a questa donna straordinaria, intelligente e volitiva, la parola è stata negata, e decide di darle voce. La Storia, declinata al maschile, ci mostra la figura della Santa per lo più all’ombra del concittadino San Francesco: “Pianticella del santo padre nostro Francesco”, così viene chiamata dalla letteratura religiosa. Addirittura qualcuno ne ha perfino messo in dubbio, per screditarla, la reale esistenza. La descrizione che la Maraini fa di Chiara d’Assisi è sempre affettuosa, sempre vicina, ma non manca mai l’urgenza di analizzare e teorizzare, interpretando la sua storia e i documenti consultati con criteri sociologici e psicologici, filosofici e politici. E’ un libro che ha il fascino del romanzo ed è anche ricco di riferimenti storici, religiosi e culturali, di citazioni di testi dell'epoca e testimonianze delle consorelle di Chiara utilizzate durante il processo di canonizzazione. Non lo classificherei come biografia e nemmeno come romanzo storico, perché dal punto di vista dell’ambientazione non è esaustivo e l’interesse prioritario non è certamente l’analisi socio-storica del Medioevo. La figura di Chiara viene comunque contestualizzata: “…mi pare pericoloso giudicare Chiara con gli occhi di oggi. Se vogliamo avvicinarla, dobbiamo capire gli enormi ostacoli che si è trovata davanti e che ha potuto superare grazie alla fedeltà granitica ai suoi principi, senza tuttavia mai cedere alla protervia, al rancore, al fanatismo. Fedeltà, mi permetto di aggiungere, che ci emoziona ancora, in un’epoca, come l’attuale, che oscilla tra intransigenza ottusa, specie in campo religioso, e grigio, quanto vacuo, relativismo…”.
La giovane disobbediente avrebbe voluto andare in mezzo alle persone comuni, soccorrere i poveri, alla stregua di Francesco e dei suoi discepoli. Era contraria alla clausura poiché toglieva “alle suore la libertà di muoversi in cerca di cibo, elemosina o lavoro per sostenersi”. Purtroppo ciò era inimmaginabile a quei tempi e dovette rinunciare ma, nonostante ciò, riuscì a realizzare il suo progetto che aveva come obiettivo una totale ed intoccabile libertà interiore. Chiara, irresistibilmente attratta da quell’altissimo ideale, si ritirò dal mondo per intraprendere, con una coerenza che non venne mai meno, un’esistenza claustrale all’insegna della povertà assoluta e della libertà di “non possedere”. “Et lo Privilegio [sic!] de la povertà lo quale era stato concesso, lo honorò con molta reverentia, et guardavalo bene et con diligentia, temendo de non lo perdere”, questo ci tramandano gli scritti che parlano di lei nel processo di canonizzazione. Chiara parla dunque del Privilegio della Povertà che porta come conseguenza “la meravigliosa, terribile libertà di essere nudi al mondo”, essendo il possesso sempre collegato al controllo economico, politico, sociale, psicologico e religioso. Padrona di sé, autonoma nell’elaborazione di un pensiero proprio, rivendicatrice di una libertà, se non sociale (impossibile, come detto, all’epoca), perlomeno psicologica e mentale, coniuga un’adesione formale, pur necessaria, alle regole disposte dall’ Istituzione Chiesa con una prassi di libertà. “La tradizione richiedeva separazione e gerarchia tra la figura del padre, della madre, del figlio o della figlia. Mentre la rivoluzionaria libertà proposta da Chiara faceva saltare tutte le differenze e nella grande franchigia ogni padre poteva essere anche madre, ogni figlio sposo, ogni figlia sorella e madre”. Chiara si negava ogni possesso, anche il più piccolo. Secondo lei l’amore per la povertà non dà diritto al possesso così come l’amore non dà diritto al possesso dell’altro. “Si tratta di verità talmente rivoluzionarie che potrebbero funzionare anche oggi, come stimolo a bandire ogni forma di proprietà meccanica e irrispettosa, carnale e amorosa. Un’idea che potrebbe guarire i mali di questi tempi caratterizzati da nevrosi del possesso e del consumo”.
In breve i fatti più interesssanti che riguardano la biografia della Santa sono questi: Chiara Scifi nasce ad Assisi nel 1193 circa; è’bella, nobile e destinata a un ottimo matrimonio; ha un corpo minuto e aggraziato che nasconde una volontà d’acciaio. Nel 1211, diciottenne, lascia la casa in cui è cresciuta per raggiungere il vicino Convento di S. Maria degli Angeli, detto la Porziuncola. Fonda l’ordine delle Clarisse e, come madre badessa sarà un po’ speciale: “faceva sempre due tre tentativi per far ragionare la peccatrice, prima di assegnare il castigo. Non voleva un luogo marcato solamente da regole, doveri e privazioni, bensì una comunità solidale e affettuosa, capace di aiutarsi nei momenti difficili, più famiglia che collegio, più focolare che convitto”. La Regola da lei proposta con grande determinazione, viene approvata da Papa Innocenzo IV due giorni prima della sua morte (11 agosto 1253) per essere poi sostituita, dopo breve tempo, da una Nuova Regola, valida per tutti i conventi, che mandava all’aria la pretesa di assoluta povertà richiesta dalla Santa.
Un’affezione di cui si sa poco, forse una grave forma di artrite reumatoide, la costringe ad un’immobilità quasi totale per circa trent’anni, senza peraltro scalfire la sua preziosa influenza, sia presso le consorelle, sia nel mondo esterno.
L’autrice ci coinvolge nelle sue riflessioni sul valore della Malattia, sul Corpo, sulla Morte, sulla Paternità e su altro ancora.
Sentiamo sempre, leggendo questo libro, l’ammirazione e lo stupore nei confronti della ragazza che si accende del fuoco della chiamata, per la donna che in seguito, nella solitudine di un'esistenza quasi carceraria, abbraccia la povertà e la libertà di non possedere, per la persona inquieta che non crede nei fatti ma solo nei sentimenti indecifrabili e nelle visioni straordinarie, per la santa dal corpo tormentato ma felice.
Mi sono chiesta come mai la Maraini si senta così vicina alla protagonista del suo libro, pur essendo da lei così lontana. La risposta si può forse trovare se si pensa che le due donne hanno in comune la volontà e il coraggio di esprimere le proprie inquietudini e le proprie idee. Ieri come oggi, in un mondo dominato dalle leggi degli uomini.
(Luciana Raggi)
Dacia Maraini, Chiara di Assisi, Rizzoli, 2014 [ * ]